06 giugno 2012

L’IRA FUNESTA
“Teofanie Neopop e (pre)Visioni Apocalittiche” 
Con l’aggettivazione pop-surrealista si è enucleato, specie negli ultimi lustri, una straordinaria mole di autori, quantità di stili e disparati universi immaginifici, così accomunati da una definizione suggestiva, che nondimeno ha esaurito la propria carica semantica svuotando di senso specifico quanto con essa si è denotato. Termine dalla paternità e sostanza oltreoceanica, spesso conferito con criminosa arbitrarietà, il Pop-surrealismo ha avuto quantomeno il merito, in arte, di abbattere l’ennesima cateratta di interdizioni del raffigurabile, eleggendo a statuto di icone soggetti, forme e personaggi afferenti ad ambiti erroneamente considerati meno “nobili” quali il cinema, i cartoon, il fumetto, l’universo video-ludico e l’oggettistica merceologica in primis. Di fatto un gesto che conduce, se non a compimento, ad ulteriori sviluppi, principi e assunti già warholiani, ma congeniti alle idiosincrasie, alle inquietudini e derive della contemporaneità.
Un nuovo pantheon, cangiante di forme e colori, in cui possono convivere santi e supereroi, filosofi e alieni, esemplarità anatomica e sfrenata mutazione. Un sistema articolato di influenze e sensibilità che dà corpo e ragione del patrimonio schizoide alimentato dalla congerie propria dell’umana creatività e speculazione.
Conseguenza logica che anche le fattezze psicotroniche e gli squillanti cromatismi del new-pop non sfuggano al tentativo, vano e atavico, di concretizzare visivamente l’anelito esiziale e autodistruttivo insito nella nostra specie. E che l’estinzione venga sostanziata da teorie millenariste o ammantata con dottrine escatologiche poco importa, la scomparsa antropica rimane il desiderio inconscio, la fantasia inconfessata di ciascun individuo. Un miraggio masochistico che serpeggia nell’animo, un tumore annidato tra le informazioni genetiche del patrimonio umano, un  virus messo in coltura nelle pagine dei letterati, negli affreschi e nelle tele dei pittori, un morbo di cui si fanno aedi Dast ed Elena Rapa, fautori di mondi apparentemente fittizi, in realtà declinazioni disincantate e feroci delle quotidiane contingenze. Artisti, e quindi visionari e mistificatori per antonomasia, che proiettano il proprio sguardo in dimensioni figurativamente turbolenti costringendoci ad esperire paesaggi, pulsioni e verità che, se non fosse per il favore estetico che li connota, condurrebbero alla vertigine e alla pazzia....
 Andrea Grieco

Elena Rapa
Lacrime d’adDio
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
L’adDio
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
Viaggio d’adDio
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011